greenwashing

Greenwashing: i rischi reputazionali

Il termine greenwashing, traducibile in italiano come il termine “ecologismo di facciata”, si riferisce ad una strategia di comunicazione che ha l’obiettivo di costruire un’immagine tanto positiva quanto falsa dell’azienda rispetto al suo impatto ambientale.

Stiamo distruggendo l’ecosistema in modo irreversibile da diversi decenni ma a giudicare dalla comunicazione pubblicitaria siamo da sempre circondati da aziende sensibili alle esigenze dell’ambiente.

Una comunicazione di sostenibilità ecologica che, sebbene presente come strategia di marketing di alcune imprese già mezzo secolo fa, è ormai diventata “di moda” o “politicamente corretta” se preferisci.

Purtroppo alla gran parte di queste aziende e ai suoi dirigenti continua ad interessare esclusivamente fare utili. Quello che cercano di fare, come si direbbe in termini manageriali, è trasformare la minaccia in opportunità.

Nulla di male se questo comportamento si tramutasse in azioni con un reale impatto positivo sull’ambiente. Ma molto spesso non è così e allora si parla di greenwashing.

 

I 7 PECCATI DA GREENWASHING

Nel 2007 la società di Marketing ambientale “TerraChoice Environmental Marketing Inc” elaborò una lista conosciuta come i 6 peccati da greenwashing a cui è stato aggiunto poi un ulteriore peccato…

In sintesi estrema i 7 peccati del greenwashing sono:

 

1 – PECCATO DI OMESSA VERITÀ
Sin of the Hidden Trade-Off

Consiste nel comunicare una presunta caratteristica ecologica del prodotto usandola come specchietto per le allodole. L’impatto di tutti gli altri elementi viene volutamente ignorato.

Si tratta della tecnica più semplice e più utilizzata perché non viene veicolato un messaggio “giuridicamente” falso.

 

2 – PECCATO DI MANCANZA DI PROVE
Sin of No Proof

Consiste nel comunicare caratteristiche green di un prodotto non suffragate da prove scientifiche e credibili.

Il consumatore medio non ha né tempo né capacità di verificare quanto detto e se il messaggio è sufficientemente ripetuto tenderà a assimilarlo come veritiero associando al brand valori positivi.

Anche questa tecnica è molto utilizzata e fa ampio di studi o ricerche di mercato solo apparentemente “indipendenti”.

3 – PECCATO DI VAGHEZZA
Sin of Vagueness

L’utilizzo di informazioni poco chiare, che vogliono dire tutto e nulla, è una tecnica che permette alle aziende di associare i loro prodotti ad elementi stereotipati e portatori nell’immaginario di valori positivi.

Ad esempio dichiarare “usiamo solo prodotti naturali”: anche la cicuta, l’arsenico e l’uranio sono naturali. Inoltre, come affermava Paracelso è la quantità che fa la differenza…

“Tutto è veleno: nulla esiste di non velenoso. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto”.

Paracelso

4 PECCATO DI FALSE ETICHETTE
Worshiping of false labels

Riguarda generalmente le confezioni dei prodotti, che con parole immagini o simboli traggono in inganno in consumatore facendogli credere di essere certificati o raccomandati da controparti autorevoli in ambito ambientale.

Ricordi la truffa del simbolo “CE” della Comunità Europea che veniva replicato sui prodotti cinesi e che in realtà significava “China Export”? Esempio che non riguarda direttamente l’ambiente ma esprime a mio avviso molto bene il concetto…

 

5 – PECCATO DI IRRILEVANZA
Sin of Irrelevance

Consiste nello spostare l’attenzione su caratteristiche green che in realtà sono del tutto secondarie al fine effettuare una scelta consapevole o comunque “obbligatorie per tutti”.

 

 

6 – PECCATO DEL MINORE FRA DUE MALI
Sin of Lesser of Two Evils

Ad esempio definire un insetticida come verde può non essere falso in senso assoluto perché il prodotto potrebbe essere più ecologico di altri prodotti similari.

Tuttavia il messaggio che trasmette una comunicazione di questo tipo è che si può utilizzarlo tranquillamente anche in situazioni dove si potrebbe evitare l’uso dell’insetticida, perché tanto è “green” e quindi non è dannoso.

 

7 – PECCATO DI MENTIRE
Sin of Fibbing

È il caso in cui l’azienda mente spudoratamente sulle caratteristiche green di un prodotto. Purtroppo è una situazione non infrequente.
Ti ricordi gli scandali che hanno coinvolto pochi anni fa diverse case automobilistiche che certificavano falsi valori inquinanti?

 

GREENWASHING: I RISCHI REPUTAZIONALI

Appare ovvio che con la maggiore sensibilità ambientale le pratiche di greenwashing oltre ad essere moralmente riprovevoli, rischiano di trasformarsi in un boomerang devastante per le aziende che le praticano.

La cassa di risonanza dei social media e la giusta (in questo caso) partecipazione anche fortemente emotiva delle persone, rischia di distruggere la brand reputation di un’azienda in pochissimi giorni.

E tanto più il brand è conosciuto, tanto più verrà attaccata e condivisa.

 

GREENWASHING: I RISCHI PER IL PERSONAL BRANDING

Ma l’attività di greenwashing se viene scoperta può facilmente espandere la sua nefasta influenza al personal branding alle persone che lavorano in quella realtà, ai fornitori e ai consulenti.

Si tratta infatti dell’effetto alone, che non sempre agisce in senso positivo.